Il primo gennaio in Cina è entrato in vigore il decreto n.248 della General Administration of Custom (GAC), approvato il 12 marzo dell’anno scorso che riguarda la nuova applicazione per la registrazione nel territorio cinese delle imprese straniere che producono alimenti abrogando quanto era previsto con il decreto n.243 del novembre 2018.
E domani, quando si riapriranno le porte della dogana cinese dopo le feste di fine anno, si capirà se questa nuova norma che disciplina la registrazione di imprese e prodotti alimentari stranieri funziona per le prime importazioni da Corea e Giappone.
Considerando le cifre in gioco, la questione sta tenendo molti con il fiato sospeso. Nel 2020 il valore totale dell’importazione in Cina di prodotti alimentari è stato di 108 miliardi di dollari e i dati non definitivi per il 2021 stimano una crescita del 30% nei primi nove mesi dell’anno.
Per tutelare esportatori e produttori agevolando il processo di registrazione, l’Unione Europea aveva chiesto al Governo di Pechino di posticipare l’entrata in funzione della nuova norma di 18 mesi proprio, ma la richiesta non è stata accettata.
Quindi, poichè i termini per effettuare la registrazione nel sito delle Dogane sono scaduti il 31 dicembre, in forza di quanto previsto dal decreto se il singolo prodotto da esportare in Cina non è stato registrato, è soggetto a sanzioni e rifiuto a procedere da parte della dogana.
La prima considerazione è che questa nuova disciplina è posta a garanzia di una azione di contrasto per importazioni illegittime, per esempio di aragoste australiane con il contrabbando da Hong Kong verso le coste del sud della Cina o carni sudamericane, e anche per specifiche situazioni di prodotti importati ormai scaduti o trasportati senza utilizzare la temperatura controllata.
Per quanto riguarda le esportazioni alimentari italiane in Cina, finora sono state regolate da protocolli di intesa per kiwi, arance, carne di maiale congelata, prosciutti e la mortadella, con approvazione da parte degli ispettori sanitari cinesi dei macelli italiani dopo una loro visita.
Oggi invece la nuova regola erga omnes complica di non poco l’export da Paesi terzi verso la Cina, anche se va tenuto conto che la sicurezza alimentare è un valore da garantire erga omens, appunto, e che in ogni parte del mondo i casi di frode alimentare sono molteplici.
Recentemente il Presidente Xi Jinping ha enfatizzato la necessità di salvaguardare la salute umana con la garanzia di un corretto utililizzo dei terreni agricoli, con una consapevolezza dell’uso delle sementi al fine di confermare lo standard di vita di coloro che vivono nelle campagne, eradicata ormai la povertà, e producono per soddisfare il mercato domestico..
Rispetto al decreto precedente che si riferiva solo ad alcuni prodotti alimentari come i lattiero-caseari, il latte per neonati, gli insaccati e le carni da quest’anno sono necessari i seguenti documenti:
– La descrizione della procedura di gestione della sicurezza, approvata dall’autorità competente in origine e valutata dalla GAC
– L’approvazione sempre della competente autorità per l’esercizio dell’attività (in Italia è l’ASL Territoriale)
– La certezza che le regole per la sicurezza e la salute del prodotto nel Paese di origine siano rispondenti alle normative cinesi
Questa documentazione doveva essere allegata alla domanda autorizzativa scaricata dal sito cinese della Dogana in aggiunta poi al certificato camerale.
Per quanto riguarda l’Italia ci si può solo augurare che le ultime procedure restrittive non inficino i brillanti risultati dell’anno passato in termine di esportazioni di prodotti alimentari ormai entrati nel palato dei consumatori cinesi, e al contrario spingano produttori ed esportatori a moltiplicare gli sforzi per sfruttare le nuove opportunità aperte dal Rcep.
L’immediata riduzione dei dazi per il 65% circa del commercio di beni impatterà le supply chains e vale anche per i prodotti alimentari soprattutto la frutta esotica per la quale in Cina vi è una costante crescita della domanda. È di pochi giorni fa l’entrata in vigore di un accordo a dazio zero per la commercializzazione diretta del mango della Cambogia che prima passava attraverso traders vietnamiti.
Fonte: WorldBusinnesNewsletter