La Colombia, con oltre 53 milioni di abitanti, si avvicina a un anno preelettorale in un contesto economico eterogeneo. La crescita si è leggermente rafforzata, mentre l’inflazione sta gradualmente diminuendo, favorita da una politica monetaria restrittiva. Le riserve internazionali si mantengono su livelli adeguati e continuano a rafforzarsi. Tuttavia, il deficit fiscale è in aumento e il debito pubblico cresce, generando spread sovrani elevati.
Gli investimenti privati restano deboli, frenati da persistenti preoccupazioni e incertezze sulla direzione delle politiche economiche.
Indicatori macroeconomici
Secondo i principali analisti, la crescita del PIL reale dovrebbe attestarsi al 2,5% nel 2025, per poi rallentare nei prossimi anni a causa dell’aggiustamento fiscale pianificato. La convergenza verso il potenziale di lungo periodo sarà graduale.
Il ritorno alla regola fiscale entro il 2028 richiederà consistenti sforzi di consolidamento. Tuttavia, guadagni di fiducia e una riduzione degli spread potrebbero attenuare gli effetti negativi sulla crescita.
L’inflazione è attesa in calo: circa il 4,5% entro fine 2025 e al target del 3% entro l’inizio del 2027, a condizione che la politica monetaria rimanga restrittiva e che si confermi la ripresa della disciplina fiscale. Il disavanzo delle partite correnti dovrebbe ampliarsi al 2,5% del PIL entro fine anno.
In questo scenario, gli analisti prevedono che la Colombia avrà un deficit fiscale pari al 7,3% del PIL nel 2025 e al 7% nel 2026, valori superiori agli obiettivi ufficiali. Il debito pubblico netto dovrebbe salire al 64% del PIL nel 2026, superando il limite del 55% previsto dalla norma fiscale.
Valuta e riserve
Il peso colombiano (COP, la moneta del paese) ha registrato un forte apprezzamento nel 2025, pari al 12% rispetto al dollaro, trainato dall’indebolimento globale della valuta statunitense. Le riserve internazionali restano adeguate, raggiungendo il 131% del parametro ARA a giugno.
Il 30 settembre scorso, le autorità colombiane hanno deciso di annullare l’accordo sulla linea di credito flessibile (FCL) con il Fondo Monetario Internazionale, in vigore dal mese di aprile 2024. L’accesso alle risorse era già stato sospeso dal Fondo il 26 aprile 2025. La FCL era stata approvata dal Consiglio Esecutivo del FMI per un periodo di due anni, con un ammontare pari a 6.133,5 milioni di Diritti Speciali di Prelievo (DSP), equivalenti a circa 8,1 miliardi di dollari USA alla data di approvazione. La decisione arriva in un contesto di adeguata liquidità internazionale: le riserve si attestano a 65,5 miliardi di dollari. Questo livello è stato raggiunto grazie a un programma di accumulo da 1,5 miliardi di dollari avviato nel 2024 e alla redditività dei portafogli, che ha generato 4,5 miliardi di dollari tra il 2024 e il 2025.
Le raccomandazioni del FMI
Il 29 settembre il Fondo Monetario Internazionale ha pubblicato le previsioni economiche per la Colombia, a seguito della recente missione nel Paese. Il rapporto evidenzia la presenza di significativi rischi al ribasso. Condizioni finanziarie globali più restrittive, barriere commerciali crescenti, politiche migratorie più severe e tensioni geopolitiche potrebbero frenare la crescita. Questi elementi rischiano di ridurre esportazioni, investimenti diretti esteri e rimesse, aumentando al contempo i costi di finanziamento.
A livello nazionale, ritardi nel consolidamento fiscale potrebbero sollevare dubbi sull’ancoraggio delle politiche, minando la fiducia degli investitori e innescando potenziali interruzioni nei flussi di capitale. Le incertezze politiche e l’aumento della criminalità violenta rischiano di compromettere l’attività economica e lo sviluppo del settore privato.
Sebbene il Fondo abbia accolto con favore i progressi nella riduzione dell’inflazione e della povertà e riconosciuto la resilienza della Colombia e la sua storia di prudenti politiche macroeconomiche, ha tuttavia rilevato le attuali difficoltà poste da posizioni di bilancio indebolite. In un contesto di significativi rischi al ribasso, legati all’incertezza della politica interna e a venti contrari esterni, il FMI ha sottolineato l’importanza di attuare il piano di consolidamento fiscale e di mantenere un’elaborazione flessibile delle politiche, al fine di salvaguardare la stabilità macroeconomica.
Rating declassato
La Colombia ha perso il suo rating investment grade con Fitch Ratings e Standard & Poor’s (S&P) nel 2021, durante l’amministrazione Duque. Da allora, Moody’s è stata l’unica delle tre principali agenzie di rating a mantenere il grado di investimento del Paese, seppur a un livello molto vicino a quello speculativo.
I costi di finanziamento della Colombia, a causa del suo margine di rischio, sono più elevati rispetto a quelli di Messico, Brasile, Cile e Perù, mentre tra gli altri Paesi sudamericani la Colombia si trova in una situazione migliore rispetto ad Argentina e Venezuela. Per tale motivo, il costo dei finanziamenti internazionali privati che ne deriva è molto elevato.
Doppio declassamento
A fine giugno, S&P Global Ratings ha declassato il rating del debito sovrano in valuta estera a lungo termine della Colombia da “BB+” a “BB” e ha mantenuto un outlook negativo, citando un deterioramento strutturale delle finanze pubbliche, un rallentamento della crescita economica e crescenti sfide istituzionali. Poche ore prima, Moody’s Ratings aveva anch’essa declassato il rating della Colombia da “Baa2” a “Baa3”, modificando l’outlook da stabile a negativo e lasciando il Paese nella categoria di investment grade più bassa. Secondo Moody’s, “il declassamento riflette il previsto deterioramento degli indicatori del debito pubblico, che resteranno al di sopra dei limiti stabiliti dalla norma fiscale”.
Impatti sui mercati
A seguito al declassamento del rating del debito pubblico locale della Colombia da parte di S&P Global Ratings, le obbligazioni TES perderanno il loro posto nel Global Aggregate Index, poiché non soddisfano più il requisito di investment grade stabilito dalla metodologia. Sarà quindi inevitabile che il prossimo governo debba attuare una riforma fiscale, nel contesto delle pressioni fiscali che il Paese sudamericano sta affrontando e che hanno portato a un doppio declassamento del suo rating creditizio. Tuttavia, difficilmente potrà esserci un aggiustamento significativo prima del 2028, poiché l’attuale governo ha rimandato il consolidamento alla prossima amministrazione, che sarà inoltre limitata nell’attuazione dei cambiamenti nei suoi primi due anni a causa dei bilanci già approvati.
In questo contesto, la Colombia sta diventando sempre più attraente per gli investitori ad alto rischio. La crisi fiscale colombiana sta facendo sì che il debito pubblico paghi tassi sempre più alti, e la domanda è in crescita tra gli investitori a lungo termine. All’inizio dell’anno, un’obbligazione con scadenza nel 2034 rendeva agli investitori l’11,22%, mentre ora paga il 12,60%, ovvero 140 punti base in più. Questo scenario dovrebbe favorire un ulteriore apprezzamento dei titoli a breve termine.
I dazi di Trump
Dal 1° agosto, gli Stati Uniti hanno fissato una tariffa doganale del 10% sui prodotti colombiani in arrivo, ad eccezione di alcuni beni come petrolio, oro, carbone e metalli preziosi. Secondo gli analisti, solo il 17,3% delle vendite estere del Paese subirà un impatto significativo. Tuttavia, entro il 2025 si prevede un calo dell’8% delle esportazioni e una riduzione dello 0,1% della crescita del PIL. A partire dal 1° ottobre, gli Stati Uniti hanno imposto dazi fino al 100% sui farmaci di marca o brevettati non prodotti nel Paese, al 50% sui mobili da cucina e sugli accessori per il bagno, al 30% sui mobili imbottiti e al 25% sui camion pesanti. Sebbene questi beni non rappresentino una quota consistente delle esportazioni colombiane, la loro presenza in alcune catene del valore potrebbe avere effetti indiretti sui costi logistici, sui prezzi finali e sulla catena di approvvigionamento regionale.
Sebbene l’esposizione diretta della Colombia sia inferiore all’1%, la decisione crea incertezza per i settori chiave del commercio estero. Il Paese era già stato colpito da aprile con una tariffa minima universale del 10% su tutti i prodotti in entrata negli Stati Uniti. Questa misura ha colpito in particolare settori sensibili come l’industria dei fiori e del caffè.
Settori vulnerabili
Gli economisti avvertono che queste misure protezionistiche potrebbero far aumentare i prezzi per i consumatori americani e i costi per le aziende, in un contesto in cui il consumo interno rimane il principale motore di crescita per l’economia del Paese. Oltre al caffè, anche la floricoltura colombiana è tra i settori sensibili all’aumento dei dazi. Gli Stati Uniti sono il principale acquirente internazionale di fiori colombiani, e l’aumento del 10% di aprile ha destato preoccupazione tra gli esportatori. Sebbene l’impatto diretto sia ancora in fase di valutazione, le associazioni di settore temono una perdita di competitività rispetto ad altri mercati emergenti.
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