Mercosur: vantaggi e svantaggi

Negli ultimi giorni si è consolidata una formula giornalistica che semplifica troppo: “mancato accordo Mercosur”. Più correttamente, oggi siamo davanti a un mancato “via libera” politico definitivo e a una firma rinviata (con tutto ciò che ne deriva su ratifica e tempi di entrata in vigore). Le istituzioni UE continuano a lavorare al pacchetto, ma il blocco politico resta: opposizioni nazionali, proteste agricole, richieste di garanzie aggiuntive e il rischio di una nuova spirale di rinvii.
A scrivere dell’ipotesi di accordo Mercosur eravamo stati tra i primi osservatori di internazionalizzazione https://wipconsulting.it/mercosur-prove-tecniche-di-integrazione/ , sottolineando che sarebbe stato un percorso ad ostacoli in un contesto a geometria variabile, tra tentativi e frizioni interne.

Rinvio e non morte del dossier
Che cosa è successo?
La Commissione Europea e vari governi favorevoli spingono per chiudere: il messaggio è economico e geopolitico (diversificazione commerciale, credibilità internazionale, risposta a un contesto di più dazi e più restrizioni). Ma Francia e più recentemente Italia hanno chiesto più tempo e maggiori garanzie, mentre le proteste agricole hanno alzato il costo politico del “sì”. Nel frattempo, l’UE ha lavorato su una cintura di sicurezza: regole di salvaguardia per reagire rapidamente a shock di importazioni in prodotti agricoli sensibili. È un tassello importante, ma non basta da solo a sciogliere il nodo politico.

Gli ostacoli, oltre gli slogan
Agricoltura: il cuore del conflitto è la percezione di una concorrenza non simmetrica: costi, standard, controlli, vincoli ambientali e sociali non sempre comparabili. Il timore è un impatto su redditività e prezzi interni, soprattutto in filiere già sotto pressione.
Clima, foreste, reputazione politica: la critica ambientale non è di contorno: una parte dell’opinione pubblica e delle ONG lega l’aumento dell’export agro-zootecnico al rischio di deforestazione e alla credibilità delle politiche UE sul clima.
Governance UE: il dossier Mercosur è un test di metodo. Quando la posta in gioco è alta, un gruppo ristretto di Paesi può alzare la soglia politica e rallentare tutto. È esattamente il tipo di “prova tecnica” che raccontavamo: integrazione sì, ma per attrito.

Chi guadagna dal rinvio
Il rinvio, di fatto, congela l’aumento della concorrenza su alcuni segmenti sensibili e consente di rafforzare strumenti di monitoraggio e difesa (come le salvaguardie) prima dell’eventuale entrata in vigore.
Rallentare può essere usato per ottenere garanzie: più controlli, clausole più rapide, meccanismi di reazione più automatici. Il tema non è “chiudere o non chiudere”, ma “chiudere a quali condizioni”.
In una fase di sensibilità alta su sostenibilità, biodiversità e filiere, non firmare subito evita una parte del costo reputazionale. Anche se non elimina il problema: lo sposta.

Cosa si perde: credibilità negoziale e costo geopolitico
Il punto più delicato non è solo economico: se l’UE non riesce a finalizzare un accordo negoziato per decenni, manda un segnale di fragilità decisionale. È esattamente il tema richiamato anche dal Trade Commissioner: l’UE rischia di “perdere la faccia” e di indebolire la propria capacità negoziale commerciale globale.
Per molte filiere europee (macchinari, automotive component, chimica, servizi, tecnologie per l’agroindustria) Mercosur resta un mercato con barriere e costi: il rinvio prolunga attriti tariffari e non tariffari e lascia spazio a competitor extra UE.

L’effetto domino in America Latina
Il Mercosur sta inviando segnali sempre più espliciti: non può più attendere i tempi europei e sta valutando altre opzioni. Questa posizione muta la dinamica negoziale a favore del blocco sudamericano: ogni ulteriore rinvio da parte dell’UE ne riduce la leva. Il vero problema operativo risiede nella combinazione peggiore: aspettative elevate e una tempistica incerta. Le imprese si trovano paralizzate, incapaci di decidere se sia il momento di investire in canali, certificazioni, catene di approvvigionamento e strategie di prezzo “post-accordo”, o se sia più prudente mantenere una posizione difensiva.

Le implicazioni per l’Italia con il rinvio

  • Agroalimentare – Si osserva una dinamica duplice: permangono le preoccupazioni per alcune filiere agricole UE, ma anche le opportunità non sfruttate per i prodotti premium italiani (vino, spirits, trasformati di alta gamma e tecnologie per la trasformazione alimentare), che avrebbero beneficiato di un quadro normativo più stabile e di minori barriere. Il rinvio blocca lo status quo.
  • Meccanica strumentale e impiantistica – Quest’area è un mercato naturale per le tecnologie e le infrastrutture industriali italiane. Senza l’accordo, le imprese continuano a subire la complessità e gli oneri doganali.
  • Moda, pelle, tessile e design – Le opportunità per questi settori ad alto valore aggiunto rimangono solo potenziali, essendo subordinate all’accesso, alla riduzione dei dazi, alla tutela della proprietà intellettuale (IP) e alla semplificazione burocratica. Il ritardo nell’accordo posticipa i vantaggi “sistemici”.

Il “mancato accordo” non è un incidente: è un segnale di sistema. Da una parte, l’Europa dice di voler diversificare, crescere e proteggere le proprie filiere; dall’altra, quando l’accordo richiede un salto politico, prevale il riflesso nazionale. Il Mercosur non aspetterà all’infinito.
Per le imprese italiane, la domanda non è se l’accordo convenga in astratto, ma quanto costa restare nell’incertezza e chi è pronto a trasformare un eventuale via libera in vantaggio competitivo immediato, con canali, compliance, partner e posizionamento già impostati.

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