di Rita Palumbo
Nel decreto legge CRESCITA n. 34 del 30 aprile 2019, entrato in vigore il 1 maggio e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 100, non c’è il “pacchetto Casse previdenziali privatizzate”. Scampato pericolo per la contribuzione forzata ed obbligatoria dei comunicatori nelle casse dell’INPGI? No, la telenovela non è finita e a quanto riportano i media una parte del governo (guidata dal sottosegretario del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Claudio Durigon, Lega) si appresterebbe a ripresentare un proprio emendamento al Disegno di legge di conversione, che prevede il trasferimento all’INPGI di 8.800 comunicatori professionali che lavorano in imprese private e di 5.100 dipendenti della Pubblica Amministrazione, già da luglio 2019.
Sarebbe un grave errore perché non si salverebbero le casse dell’INPGI, né si favorirebbero le nuove professioni. Il disavanzo previdenziale della Cassa dei giornalisti non può essere riequilibrato con i contributi derivanti dall’ingresso forzato dei comunicatori, non solo per la gravità dei conti degli ultimi due bilanci dell’Istituto: meno 100,6 milioni di euro nel 2017 e meno 161,4 milioni nel 2018. Le previsioni del mercato del lavoro dell’informazione sono sempre più negative e si inseriscono nel contesto economico del Sistema Paese, che come indicato nel “Documento di economia e finanza 2019” sta vivendo una fase di stagnazione. Si tratterebbe di un’operazione di “tamponamento” di pochi anni che metterebbe a rischio le pensioni dei giornalisti e quelle dei comunicatori.
In un quadro così complesso, l’unica soluzione, a nostro avviso, è avviare un tavolo di confronto urgente tra governo, giornalisti e le associazioni di rappresentanza dei comunicatori per:
1. bloccare qualsiasi tentativo legislativo calato dall’alto che, con una visione miope e di brevissimo periodo, inciderebbe in modo disastroso su decine di migliaia di lavoratori e di famiglie dell’informazione e della comunicazione;
2. cancellare ogni infondata e immotivata contrapposizione tra giornalisti e comunicatori, professionisti che operano negli stessi mercati ma con professionalità specifiche diverse e diversi obiettivi di scopo;
3. valorizzare le differenti competenze per rafforzare tutte le professioni e gestire le evoluzioni imposte dalla digitalizzazione nel rispetto degli obblighi deontologici;
4. costruire norme contrattuali a sostegno e a difesa delle diverse professionalità che garantiscano le pensioni di tutti gli operatori dell’informazione e della comunicazione attraverso la costituzione di una Gestione INPS dedicata.
Questi i “titoli” delle nostre proposte che – siamo certi – sono condivise da tutti coloro che credono fortemente nel ruolo sociale dell’informazione e della comunicazione sia privata che pubblica.
La questione non può riguardare solo il salvataggio delle casse dell’INPGI. Riguarda il nostro futuro.