Le sfide del Made in Italy

Per un Paese come il nostro e soprattutto per le imprese italiane che nell’ultimo decennio hanno saputo conquistare importanti quote di mercato in molteplici settori – dal cibo al vino, alla moda all’arredo passando per importanti comparti delle tecnologie produttive – diventa obbligatorio definire una strategia reattiva alle misure tariffarie. Lasciando ai governi la definizione delle controversie e delle misure da adottarsi per ridefinire il nuovo quadro normativo e operativo, le imprese italiane, non potendo certamente abbandonare il campo hanno la necessità di ridefinire strategie che mirino a valorizzare i punti di forza e di competitività di cui l’offerta italiana gode sul mercato USA.

Questo il quadro, anche se non esaustivo, della situazione dell’export italiano sul mercato USA:

  • Posizionamento di mercato molto elevato per molteplici settori del sistema food, persona e casa.
  • Buon posizionamento per alcuni settori delle tecnologie produttive e dei prodotti intermedi.
  • Elevato livello di fidelizzazione dei consumatori di fascia alta per il sistema food & wine, per la moda, per l’arredo.
  • Modesta reattività di buona parte del mercato a un eventuale ragionevole aumento dei prezzi dei prodotti a seguito delle misure adottate dagli USA (anelasticità della domanda di milioni di consumatori).
  • Positiva interazione tra società italiane fornitrici di beni e i loro agenti e distributori.

 

In questo contesto, le aziende italiane devono mirare a:

  • Passare dal modello di business venditore-compratore a un modello di business basato sulla partnership, allo scopo di definire congiuntamente i livelli di mark up e profitto e, possibilmente, ridurre l’impatto dell’aumento dei prezzi, evitando di scaricarlo totalmente sul consumatore.
  • Pur trattandosi di una situazione da considerarsi transeunte, le imprese devono cogliere l’occasione per leggere meglio le opportunità offerte dal mercato nel suo complesso, provando a esplorare territori, città e fasce sociali dove non hanno operato a causa del positivo andamento del mercato (ovvero cominciare a targetizzare i cosiddetti santuari della ricchezza).
  • Andare a cogliere le opportunità in quelle zone che si sono sviluppate nell’ultimo decennio, particolarmente nel sud del Paese e che rispondono ai nomi di Florida, Texas, Arizona.
  • Presidiare il mercato migliorando la loro presenza nel digital trade, che riducendo i costi a volte molto elevati del commercio fisico, può consentire di far arrivare al mercato prodotti con prezzi contenuti, capaci di ritenere larghe fasce di consumatori senza lasciare il campo ai competitor di paesi non toccati dalle misure protezionistiche.

 

I beni importati negli USA e provenienti dall’UE, presso il pubblico americano, godono di una buona generalizzata considerazione e nelle fasce più demanding e acculturate c’è già una forte sensibilità e apprezzamento per i temi della sostenibilità ambientale e della sicurezza alimentare e ambientale.

I consumatori di beni italiani già oggi sul mercato sono disposti a riconoscere prezzi mediamente più alti ai prodotti italiani, consapevoli del detto ‘you get what you pay for’.

Larghi settori dell’economia USA del retail, del turismo, della ristorazione, dell’ospitalità, delle costruzioni di qualità, delle infrastrutture in presenza di prodotti impossibili da immettere sul mercato a causa di prezzi alti o di scarsità, si troverebbero a dover profondamente modificare le loro strategie di sviluppo con pesanti conseguenze sui livelli occupazionali che già oggi continuano a soffrire per la mancanza di competenze disponibili e per la richiesta di un largo numero di occupati di lavorare da remoto.

Le imprese italiane per poter vincere la sfida posta dal protezionismo americano possono contare su alcuni alleati oltre frontiera, tra cui:

  • Le reti della grande distribuzione organizzata, delle grandi catene alberghiere, dei grandi studi di ingegneria ed architettura.
  • I distributori e gli agenti che incessantemente hanno tessuto la tela dei rapporti con i fornitori italiani, collegando fornitori e consumatori.
  • I professionisti e gli imprenditori operanti in tanti settori a cui il ricorso al prodotto italiano è la prima o la seconda scelta che si tratti di arredatori, architetti, ristoratori, chef, compagnie alberghiere e di servizi crocieristici, sommelier, ingegneri, costruttori, manager di sistemi nei trasporti e nell’automazione, operatori del turismo e del business del lusso in generale.

 

Le imprese italiane possono altresì contare su un efficiente sistema di appuntamenti fieristici che, proprio nei settori d’interesse per l’Italia, presentano appuntamenti di importanza mondiale. Tra questi è sufficiente citare: il Salone del Mobile, il Vinitaly, Tuttofood, Cibus, Pitti, gli eventi della moda a Milano, le fiere di Vicenza, Valenza ed Arezzo, le Fiere di Bologna e Rimini.

Una maggiore attenzione dedicata ai visitatori USA potrebbe portare ad accrescere il ruolo degli eventi fieristici nella battaglia contro il protezionismo, considerato che proprio il vortice inflazionistico USA ha riportato in Italia milioni di turisti da business che trovano l’Italia estremamente conveniente per esperienza di vita e di shopping.

E d’altra parte eventi come il Fancy Food di New York e Las Vegas, il Boat show di Fort Lauderdale, il PLMA di Chicago, e tante altre manifestazioni in giro per gli USA, se attenzionate meglio rispetto al passato, potrebbero costituire una potente arma per evitare lo spiazzamento di mercato causato dagli eventuali dazi o super dazi.

L’implementazione da parte USA di una politica commerciale basata su elevati dazi costituisce certamente una situazione di elevato rischio per tutto il sistema italiano ed europeo, che solo ora stavano incominciando a recuperare sui danni causati dal covid, malgrado numerosi conflitti in varie zone del pianeta.

È indispensabile che le imprese italiane a fronte di tali difficoltà non lascino il campo ma al contrario affinino le loro strategie export, rivedendo anche la narrativa che sino ad ora ha accompagnato il prodotto Made in Italy in quanto bello e ben fatto.

Al bello e ben fatto sarà necessario aggiungere sostenibile, un valore che in USA sta entrando prepotentemente nella mente dei consumatori e utilizzatori e nei loro processi di acquisto.

Bello, ben fatto e sostenibile è un tris di valori che determinano già oggi le scelte d’acquisto della genZ, la generazione che in meno di un decennio si ritroverà al comando nella società USA, con un decennio di anticipo rispetto ai loro coetanei europei.

I ritardi accumulati dagli USA nel settore delle infrastrutture materiali e immateriali, pur essendo stati attenzionati dalla amministrazione Biden, rimangono il tallone di Achille per una economia che ha un forte bisogno di modernizzarsi anche se poi le tecnologie spaziali sono capaci di effettuare il recupero di astronauti bloccati nella stazione spaziale.

Le linee ferroviarie hanno bisogno di uscire dal secolo scorso considerato che il collegamento ferroviario più veloce tra New York e Washington è effettuato con treni lontani anni luce dalla alta velocità europea.

La realizzazione del molo crocieristico di Miami, il più grande al mondo, commissionato da MSC e realizzato da un’impresa italiana e di prossima inaugurazione, è la prova che ci sono ancora molti settori dell’economia USA dove il talento e le competenze italiane possono svolgere un importante ruolo. Non va peraltro dimenticato che un’importante nave da guerra della marina USA è in costruzione in un porto della costa atlantica USA ad opera della Fincantieri.

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