Il secondo capitolo per la riforma della legge 150/2000 per una Comunicazione Pubblica trasparente ed efficace deve riguardare le competenze.
Il documento programmatico presentato lo scorso 16 giugno alla Ministra Fabiana Dadone – che ringraziamo ancora una volta – è solo il primo capitolo di un lungo percorso. L’impegno cui sono chiamati gli stakeholder che hanno lavorato al “primo atto” è quello di approfondire in modo costruttivo e consapevole i punti indicati, il primo dei quali riguarda l’area unificata dedicata alla comunicazione, informazione e servizi alla cittadinanza, in cui ci sono state individuate due figure professionali: il comunicatore e il giornalista.
Al comunicatore sono assegnati: i rapporti con il cittadino, gli eventi, la pubblicità, l’editoria, le consultazioni pubbliche e la citizen satisfaction, la redazione delle carte dei servizi e dei bilanci per la rendicontazione sociale (accountability), la gestione di laboratori per la partecipazione civica, la comunicazione interna, la gestione del brand pubblico, le relazioni esterne e istituzionali, l’identità dell’Ente e la comunicazione internazionale.
Al giornalista pubblico sono invece assegnati: l’analisi e il trattamento delle notizie di interesse dell’amministrazione, la redazione di testi e comunicati, i rapporti con i media, la cura di newsletter e pubblicazioni informative, il fact checking e ogni altra attività attinente al settore dell’informazione.
Si tratta di specifiche competenze, con ruoli e funzioni differenti, perché diverse sono le professioni del giornalista e del comunicatore, diverse le competenze che ne determinano i ruoli professionali, che a loro volta si fondano su specifici profili che devono garantire specifiche conoscenze e precise abilità.
Ecco perché da tempo e in più sedi sosteniamo la differenza di scopo tra la professione/ del giornalista e del comunicatore e sottolineiamo che le due professioni non si sovrappongo, né posso “fondersi” per il semplice fatto che usano gli stessi canali digitali.
La digitalizzazione, se fino a poco tempo fa era indicata come una rivoluzione, oggi è realtà quotidiana, che sta cambiando e cambierà il mondo. Ma non confondiamo la digitalizzazione dei processi con l’utilizzo di canali digitali.
La digitalizzazione dei processi, anche, anzi soprattutto, nel campo della comunicazione e dell’informazione, non può – non deve – essere una semplificazione, una banalizzazione del pensiero e dei processi organizzativi e relazionali.
Le community social così come la messaggistica istantanea sono strumenti fondamentali per dialogare e in qualche modo rassicurare il cittadino sull’avere finalmente “porte aperte” nella pubblica amministrazione.
Ma la comunicazione pubblica non può essere solo questo. La comunicazione pubblica è – deve essere – molto di più dell’adozione di canali digitali.
Proviamo a schematizzare i flussi del lavoro del giornalista e quelli del lavoro del comunicatore.
Il giornalista deve saper osservare, indagare, comprendere, verificare ed informare/raccontare con obiettività e trasparenza, deontologia e responsabilità
Il comunicatore, sia nella pubblica amministrazione che nel mercato privato deve saper analizzare, decifrare, decodificare, valutare, progettare, organizzare, agire, realizzare, individuare linguaggi mediali, prevenire i rischi, gestire criticità, relazionarsi con pubblici diversi anche internazionali, gestire budget, rendicontare.
Conoscenze e abilità profondamente diverse, che possono – anzi devono – saper dialogare per rendere efficiente, trasparente e innovativa la Pubblica Amministrazione, arricchendo il valore delle reciproche prestazioni d’opera, ma evitando semplificazioni.
La Comunicazione sia nella pubblica amministrazione che nel mercato privato, è un sistema complesso di strategie, attività e strumenti, che va gestita con approccio e competenze manageriali, in grado di dare un orientamento strategico per innovare le istituzioni pubbliche in un mondo globalizzato e iper-comunicativo. In questo senso, come avviene per il mondo delle imprese, è giusto e corretto che anche le Istituzioni abbiano al proprio interno professionisti della comunicazione capaci di guidarne i registri di interpretazione e divulgazione di norme e attività, oltre che di guidarne le scelte in materia di comunicazione di crisi e di emergenza, come è accaduto durante l’emergenza Covid-19.
Ecco infine la proposta Ferpi all’evento organizzato da Forum PA 2020: un’utile riforma della legge 150/2000 sarà possibile quando si concretizzeranno due condizioni:
– Gli stakeholder che hanno lavorato alla stesura del documento programmatico di indirizzo continuino a lavorare insieme nel rispetto delle reciproche diversità, ipotizzando anche di coinvolgere altre associazioni della comunicazione.
– Avviare una campagna di sensibilizzazione culturale sull’importanza della Comunicazione sia nella Pubblica Amministrazione sia nei mercati, valorizzando il ruolo manageriale del comunicatore pubblico che, grazie a competenze certificate, sia in grado di saper gestire processi complessi con una visione d’insieme, obiettivi certi ed ottimizzazione di risorse professionali e risorse finanziarie.
Solo in questo modo la Pubblica Amministrazione e la sua comunicazione potranno essere trasparenti, efficaci e – perché no – efficienti e competitive.