Per raggiungere i propri obiettivi, i paesi membri del MERCOSUR hanno concordato l’eliminazione dei dazi doganali interni sulla maggior parte dei prodotti, favorendo la libera circolazione delle merci.
Con il Trattato di Asunción (1991), i paesi membri hanno adottato un programma di riduzione tariffaria progressiva. Dal 1° gennaio 1995, la maggior parte delle merci scambiate tra i membri di beni industriali e agricoli con almeno il 60% di componente regionale è esente da dazi (Regole di Origine). Ad oggi il MERCOSUR ha abolito i dazi su circa il 90% dei prodotti scambiati internamente. Tuttavia, alcuni settori strategici restano parzialmente protetti:
- Automobilistico: trattative separate, con dazi e quote tra Brasile e Argentina fino al 2025
- Zucchero e tessile: restrizioni parziali ancora in vigore
- Elettronica: dazi quasi totalmente eliminati
- Carne e soia: libero scambio con controlli sanitari
- Farmaci: esenti da dazi
La Tariffa Esterna Comune (TEC)
La Tariffa Esterna Comune (TEC) rappresenta uno dei pilastri fondamentali del MERCOSUR. Si tratta di un sistema di dazi doganali che i Paesi membri si impegnano ad applicare in modo uniforme alle importazioni provenienti da mercati esterni al blocco. L’obiettivo è creare un fronte commerciale compatto verso l’esterno, rafforzando allo stesso tempo il mercato interno.
Tuttavia, l’uniformità della TEC resta più teorica che pratica. Alcuni Stati, come Brasile e Argentina, hanno ottenuto la possibilità di applicare eccezioni per specifiche categorie merceologiche, mentre Uruguay e Paraguay, in quanto economie di dimensioni più contenute, godono di una maggiore flessibilità nell’importazione di beni strumentali, spesso soggetti a dazi inferiori rispetto al resto del blocco.
In linea generale, la TEC si applica a migliaia di prodotti provenienti dall’esterno e mira a impedire le triangolazioni commerciali, ovvero l’ingresso di merci straniere nel mercato regionale attraverso il Paese con i dazi più bassi. Questo meccanismo serve anche a tutelare le industrie locali, scoraggiando la concorrenza sleale e contribuendo a consolidare un processo di integrazione economica che favorisca gli scambi interni.
Attualmente, la TEC copre circa l’85% della nomenclatura tariffaria (NCM) e prevede aliquote differenziate a seconda della categoria di prodotti. Le tariffe variano da uno 0% applicato su alcune materie prime, fino a un massimo del 35% riservato ai prodotti ritenuti più sensibili.
Nonostante la sua funzione di coordinamento tariffario, la TEC non si applica in maniera rigida a tutti i prodotti. Alcuni Paesi continuano a mantenere tariffe autonome su categorie specifiche, come nel caso di beni capitali in Uruguay e Paraguay. Esistono inoltre regimi speciali che riguardano settori strategici come quello automobilistico, zuccheriero ed etanolico, per i quali sono state previste normative ad hoc e modalità di applicazione differenti.
Dal punto di vista procedurale, qualsiasi modifica della TEC richiede il consenso unanime dei Paesi membri, rendendo spesso lungo e complesso il processo decisionale.
Proprio la mancanza di uniformità nell’applicazione è una delle principali criticità che minano l’efficacia della TEC come strumento di vera unione doganale. Le deroghe e le eccezioni concesse ai singoli Stati, unite a una burocrazia che rallenta le decisioni collettive, finiscono per depotenziare l’ambizione di un sistema coeso. A ciò si aggiungono le divergenze strategiche tra le economie più forti del blocco: mentre il Brasile tende a favorire un abbassamento delle tariffe per incentivare l’accesso a tecnologie e componenti a costi più contenuti, l’Argentina insiste su dazi più elevati per proteggere la propria industria nazionale.
In definitiva, la TEC si configura oggi come un sistema ibrido, espressione di un’unione doganale ancora parziale, costantemente condizionata dagli equilibri interni tra Paesi con interessi e priorità molto diversi. Il suo sviluppo futuro dipenderà soprattutto dalla capacità di mediazione tra apertura commerciale e protezione del mercato interno, in particolare nei negoziati tra Brasile e Argentina, che da sempre spingono in direzioni opposte.