Le eccezionali performance della Turchia sono il frutto di uno sviluppo economico che ha avuto una progressione del PIL a ritmi “cinesi” nel corso del primo ventennio del 2000, trasformando un’economia prevalentemente agricola in una altamente industrializzata, con un variegato e moderno settore manufatturiero. Oggi è la 17ª economia mondiale in termini di PIL e rappresenta un importante “hub” produttivo fra Europa, Balcani, Medio Oriente e Asia Centrale. Con un reddito pro-capite di 15.000 dollari, la Turchia rientra, secondo le definizioni della Banca Mondiale, fra i Paesi a reddito medio.
La struttura del PIL turco vede una importante componente dei servizi (60%, con un ruolo rilevante del turismo), del manifatturiero (26%, prevalentemente automotive, apparecchiature elettriche, metallurgia, tessile-abbigliamento), dell’agricoltura (6%) e delle costruzioni (5%), con massicci investimenti infrastrutturali pari a 280 miliardi di dollari nell’arco dell’ultimo ventennio, che hanno riguardato rete stradale, ferrovie, porti e aeroporti, e che proseguiranno nei prossimi anni nell’ambito del “Transport and Logistic Master Plan”.
Infrastrutture strategiche e presenza italiana
Fra i più importanti investimenti infrastrutturali va menzionata la costruzione del Nuovo Aeroporto di Istanbul, fra i maggiori “hub” aeroportuali al mondo, con una capacità di 150 milioni di passeggeri, inaugurato nel 2019 e pienamente operativo dall’anno successivo.
Nello sviluppo infrastrutturale della Turchia le nostre imprese hanno avuto storicamente un ruolo di primo piano, contribuendo a realizzare il terzo ponte sul Bosforo (Astaldi), il più lungo del mondo a campata unica, che unisce – insieme ad altri due – Europa e Asia; parte della metropolitana di Istanbul e dell’autostrada Istanbul-Ankara, con le relative ramificazioni; nonché il gasdotto “Blue Stream”, posato sui profondi fondali del Mar Nero e realizzato da Saipem, che consentì nel 2004 l’arrivo del gas russo nel sistema di distribuzione turco e che oggi collabora allo sviluppo del giacimento di gas naturale di Sakarya nel Mar Nero.
Unione Doganale e investimenti esteri: leva per l’industrializzazione
Lo sviluppo del settore manifatturiero è dovuto anche all’apertura agli Investimenti Diretti Esteri, soprattutto europei, fin dagli anni ’90, favoriti dagli accordi commerciali con l’Unione Europea, sfociati nell’Unione Doganale siglata nel 1995, che consente il libero scambio di prodotti industriali e agricoli trasformati con i Paesi UE e allinea la Turchia alla Tariffa Doganale Comune. L’UE rappresenta il 42% dell’export e il 32% dell’import della Turchia.
L’Unione Doganale ha favorito l’accesso al mercato turco di macchinari, apparecchiature, semilavorati e componenti, permettendo al settore manifatturiero locale di svilupparsi secondo standard tecnici di alto livello, grazie soprattutto alle forniture provenienti da Germania – dove vivono milioni di turchi di seconda e terza generazione – e Italia, che hanno trovato terreno fertile in un contesto già dotato di professionalità e capacità gestionale.
Secondo i dati dell’Istituto di Statistica Turco, sono circa 8.000 le aziende a capitale estero presenti in Turchia. I principali investitori esteri sono i Paesi europei – Germania, Regno Unito, Paesi Bassi – e gli Stati Uniti.
Automotive ed elettrodomestici: settori chiave dell’industrializzazione turca
Emblematico dell’andamento dello sviluppo industriale in Turchia è il settore dell’automotive, con le principali aziende europee e statunitensi (Renault, Fiat, Mercedes, MAN, Ford) storicamente presenti in loco attraverso joint-venture con importanti gruppi locali. La riorganizzazione globale del settore, con numerose fusioni tra i maggiori player e la progressiva riduzione della produzione in alcuni Paesi europei – in primis l’Italia – ha fatto della Turchia un importante produttore, con una capacità annuale di 1,4 milioni di veicoli, tra cui una quota significativa di mezzi pesanti e da trasporto, che rappresentano il 25% dell’export turco verso l’Italia (3,2 miliardi di euro) e il 5% (circa 1 miliardo) dell’export italiano verso la Turchia, incluse parti e accessori.
La filiera dell’automotive vede ancora oggi la presenza di Fiat/Stellantis, Iveco (in joint-venture con la turca Otokar), Pirelli pneumatici e numerosi subfornitori, tra cui Brembo ed Eldor, per citare i nomi più noti.
Vicenda parallela è quella del settore degli elettrodomestici, a lungo dominato da marchi stranieri con stabilimenti produttivi in loco, soprattutto nell’area di Smirne. Oggi vede nel marchio Beko/Arçelik uno dei principali produttori mondiali, presente anche in Italia, dove ha rilevato alcuni ex stabilimenti Indesit (poi passati a Whirlpool), oggetto di un recente accordo con il Ministero delle Imprese e del Made in Italy per evitare delocalizzazioni in altri Paesi e, comunque, ristrutturazioni che intacchino la capacità occupazionale.
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